IVAN D'ALBERTO
"TRA LE VERITà DI UNA VARIAZIONE"
Il collettivo musicale composto da Simon e Garfunkel in The Dangling Conversation (USA, 1966) racconta l’impossibile dialogo tra due amanti che non si comprendono più. I due, in una luce crepuscolare come il loro amore, leggono poesie differenti, segnando, attraverso le pieghe delle pagine dei loro libri, i brani più significativi. And we note our place with bookmarkers (e notiamo il nostro posto attraverso i segni sui libri) è un verso che definisce la piega il punto preciso dove si è arrivati, ciò che si è in quel momento e ciò da cui bisognerà ripartire.
Le pagine segnate nei libri indicano, infatti, ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. Volendo potremmo persino redigere un’autobiografia ripercorrendo i passi indicati con le pieghe delle pagine di un libro; ne verrebbe fuori una radiografia dell’anima, perché, se i libri ci offrono le parole per l’invisibile che ci portiamo dentro e ci aiutano così a viverlo, le pieghe, che lasciamo nelle pagine, ci mostrano la nostra storia; i nostri ricordi, i nostri amori, i nostri desideri, le nostre sfide, i nostri dolori, le nostre paure ma anche le nostre speranze.
Se emotivamente la piega può indicare una condizione esistenziale da un punto di vista formale questa rappresenta da sempre energia in tensione: il punto in cui si interrompe un andamento rettilineo per originare una curva più o meno ampia. La piega, di fatto, è proprio l’evoluzione della linea in curva e il passaggio dal bidimensionale al tridimensionale ed è l’incontro tra il dentro e il fuori. Queste caratteristiche formali sono alla base delle riflessioni filosofiche di Gilles Deleuze che più di ogni altro si è dedicato agli studi sulla piega portati avanti da Leibniz rispetto all’esperienza artistica del Barocco.
Secondo Deleuze la piega è la rappresentazione simultanea di più punti di vista è una visione sulla stessa variazione e si genera nello stesso punto elastico che è variazione e sua stessa veduta. Deleuze ci dice che la piega non è una variazione della verità a seconda del soggetto, ma la condizione in cui appare al soggetto la verità di una variazione, e tali affermazioni rappresentano proprio l’idea di fondo della prospettiva barocca. La piega offre, quindi, prospettive differenti, prospettive che variano in base ai soggetti percipienti. La cultura barocca si affidava proprio a questa visione offrendo agli astanti una teatralità del messaggio attraverso espedienti scenici di grande impatto, ma che trovavano interpretazioni diverse in base alla storia personale di ogni singolo individuo. Certamente il fuoco di curvatura prende senso nel momento in cui l’avviluppato vi si scopre esercitante la propria prospettiva, cosi come l’inflessione che ha avviato il movimento trova in ciò la propria finalità. La piega, quindi, va intesa soprattutto come metafora e simbolo di variazione dell’esistenza umana che cambia in base al proprio punto di vista.
La definizione formale della piega combinata con quella emotiva e filosofica trova un elegante equilibrio nella ricerca artistica di Gino Sabatini Odoardi, autore abruzzese da anni concentrato sulla relazione tra minimalismo estetico e “rottura” dell’armonia. Tale assioma è presente anche nell’opera Senza titolo 2023, che Sabatini Odoardi ha presentato per la 51° edizione del Premio Sulmona | To Think, l’arte libera la mente (9-30 novembre 2024), e che ha garantito a questo artista il Premio Speciale “Rivista d’arte”. L’artista è stato presentato per la Sezione Territorio dal MuSpAC di L’Aquila, spazio museale diretto da Martina Sconci.
La commissione di valutazione, composta da Ivan D’Alberto, curatore del Premio, Alessandro Monticelli, direttore artistico de Il Quadrivio, Circolo d’Arte e Cultura di Sulmona, Roberto Sala, docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Stefano Fontebasso De Martino, fotografo e Nicola Maria Martino, artista, ha trovato nel lavoro di Sabatini Odoardi, allestito in una celletta de La Rotonda, spazio espositivo temporaneo nel centro storico di Sulmona, tutti gli aspetti che rendono un’opera in mostra completa: densa di concetti, realizzata con una tecnica innovativa e allestita con soluzioni totalmente aderenti all’approccio stilistico dell’autore.
Il tema della piega, nell’opera in mostra al Premio Sulmona, è assolutamente centrale e lo svelamento offerto dall’avviluppamento di una superficie termoformata rivela quello che c’è oltre: una tela di colore rosso. Sabatini Odoardi, come per le pagine di un libro, ci comunica attraverso un linguaggio minimale ed essenziale da dove è iniziato il suo viaggio estetico, da un “foglio bianco”, dove si trova attualmente, nelle “pieghe del suo lavoro” e dove è intenzionato ad arrivare, nella “tela sottostante” svelata dalla stessa piega.
Il lavoro dell’artista è una narrazione autobiografica, indica ciò che è stato, ciò che è e ciò che vorrebbe essere. Sabatini Odoardi incarna perfettamente la figura dell’uomo – artista (secondo il modello beuysiano) dove arte è vita e dove l’esistenza personale non è altro che espressione di esistenza creativa. La piega rappresenta non solo energia in tensione, ma anche quel desiderio di mostrare simultaneamente il dentro e il fuori, il corpo e l’anima, il contenitore e il contenuto. Un’attività di ricerca che affonda le proprie radici in quella simultaneità espressa dalla cultura futurista e cubista, ma ripulita da ogni orpello, da ogni ridondanza. Appare davvero paradossale come un autore che predilige la piega, elemento compositivo tipico del Barocco, riesca poi ad essere un artista “barocco” estremamente minimale.
L’opera è stata allestita in un luogo che a sua volta esprime il concetto di curva, La Rotonda: spazio circolare dove le singole cellette sono disposte a raggera in modo da enfatizzare ulteriormente il movimento orbitale. La scelta installativa di Sabatini Odoardi è stata quella di collocare un solo lavoro all’interno di una piccola saletta che nell’espediente simbolico di una forza centrifuga messa in atto dall’impianto architettonico porta l’opera stessa a generare una piega grazie proprio al gioco rotatorio simulato.
La curva concava e convessa diventa così una verità di una variazione affidata principalmente agli occhi di chi osserva; l’obiettivo di quest’artista, infatti, è quello di rendere l’opera un “ponte” tra la prospettiva dell’autore e quella del fruitore trasformando la narrazione in una storia ancora tutta da scrivere.
Pescara, gennaio 2025
* Testo pubblicato sulla rivista Segno, n. 299, gennaio / febbraio 2025, pag. 58-59;