CHIARA GUERZI

"SACRAMENTE" 

 

[...] Si circoscriveva in tale contesto l’intervento di Gino Sabatini Odoardi – Il sacro silenzio. Uno sguardo sulla cappella di Villa Serena a Città Sant’Angelo (Pescara) di Ettore Spalletti - dedicato alla messa a fuoco del progetto realizzato nel 2016 dal grande artista abruzzese (1940-2019), con il supporto dall’architetto Patrizia Leonelli. Nell’intervento, dopo un’introduzione dedicata a contesti consimili frutto della progettualità recente o relativamente prossima di artisti del panorama artistico nazionale e internazionale, la riflessione del relatore si addentrava nel contesto dell’opera di Spalletti, approfondendo dapprima il consimile progetto realizzato nel 1996 in Francia, avvero la Salle des départs dell’Obitorio dell’ospedale di Garches, quindi inquadrandone le peculiarità tecnico-artistiche nel concreto della ricerca di Spalletti. Una poetica che, come ha dichiarato l’artista stesso in un’intervista con Paolo Vagheggi (2006), si definisce eminentemente dall’interesse verso «il rapporto tattile con la superficie», che porterà l’artista a «instaurare una relazione diretta con un elemento fondamentale del suo lavoro, e cioè la polvere» [1], oltre che con il colore. L’azzurro, soprattutto, ma anche il rosa, il grigio, il bianco e l’oro, più raramente l’arancione e il giallo, sono i colori mediante i quali si dischiude lo spettro cromatico dell’ars poetica di Spalletti: gradazioni che possono essere intraviste anche come il distillato di una non banale riflessione rispetto ad alcune grandi figure della tradizione, quali, per esempio, Beato Angelico o Piero della Francesca. Tant’è che ponendo a confronto l’Annunciazione dell’Angelico conservata al Museo del Prado con un’opera di Spalletti del 2017, quindi la Pala di Brera di Piero con l’istallazione realizzata nel 2017 nello studio dell’artista, Sabatini Odoardi ha reso lampante il sottile esercizio sui colori che ha animato l’interlocuzione di Spalletti con la tradizione, forse anche nella volontà primaria di saggiare un livello di significato simbolico filtrato attraverso la materia. Anche se l’intervento del collega non ha presupposto concretamente alcun riferimento al proprio lavoro, andrà rilevato come un affondo in tal senso poteva delinearsi assolutamente opportuno, sia in riferimento al contenuto di una parte della produzione dello stesso (si pensi alla mostra Pieghe e Polvere curata da Maria Savarese e allestita nel 2015 al Pan di Napoli [2]), che per via della tecnica prediletta da Sabatini Odoardi, ovvero la termoformatura in polistirene [3]. Procedimento, quest’ultimo, adottato e perfezionato dall’artista quasi sin dagli esordi e divenuto vera e propria matrice di un’operatività unica nel panorama artistico italiano e internazionale, che per l’appunto avrebbe permesso di esaminare opere dall’unità formale ed estetica non contemplate dai percorsi proposti dal seminario: si pensi per esempio alla ricerca confluita in Cortocircuiti, nata «dall’esigenza di mettere in contrapposizione simboli dogmatici codificati» [4]. Perché, per l’appunto, il tema del sacro percorre la produzione dell’artista come un fil rouge sotterraneo intermittente, per quanto sempre distintamente dai paradigmi dell’ortodossia confessionale e, si potrebbe aggiungere, non eccezionalmente «sul confine pericoloso e pericolante tra sacro e ludico» [5].

 

Note:

[1] Sono parole del collega Sabatini Odoardi.

[2] Pieghe e polvere, a cura di Maria Savarese, Napoli, PAN, 11 - 28 settembre 2015. Si rinvia al testo dalla curatrice edito in occasione della mostra desumibile dal sito dell’artista, cui si rimanda per ogni altro approfondimento: https://www.ginosabatiniodoardi.com/reviews/maria-savarese/

[3] In generale la termoformatura è una tecnica di stampaggio a caldo delle materie plastiche dalla lunga e assestata tradizione, il cui incipit coincide, almeno in parte, con l’avvio della moderna industria e del design.

[4] «La ricerca Cortocircuiti nasce dall’esigenza di mettere in contrapposizione simboli dogmatici codificati. Il modo in cui Gino Sabatini Odoardi affronta il concetto di sacro poggia su un atteggiamento agnostico, sulla ferma convinzione che l’assoluto sfugga alla mente umana e, di conseguenza, non sia possibile parlare di ciò che non si conosce. L’intenzione, piuttosto, è quella di mettere in discussione l’indiscutibile - anche quando si tratta di scomodare la storia per contestare l’accettazione passiva dei fatti»: https://www.ginosabatiniodoardi.com/works/cortocircuiti/

[5] Secondo quanto notato da Martina Cavallarin (Undici allunaggi 2012, pp. 12-15). 

 

Ferrara,  dicembre 2023

 

* Testo estrapolato dal catalogo “Sacramente: le ragioni del seminario e della pubblicazione, in Sacramente. Ragionamenti, esperienze attorno all’arte e il sacro”, relativo all'intervento di Gino Sabatini Odoardi sul tema del Sacro in Ettore Spalletti, I Quaderni dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone, dicembre 2023, Editrice Frusinate Srl;