MARTINA CAVALLARIN

"GINO SABATINI ODOARDI E IL MUSEO DELLA CITTÀ DI CANNARA, LADDOVE I LONTANI FUTURI INCONTRANO I LONTANI PASSATI" *

 

Molti vorrebbero semplicemente dimenticare il tempo, perché il tempo nasconde il “principio di morte” (tutti i veri artisti lo sanno). In questa corrente temporale fluttuano i resti della storia dell’arte, con un “presente” che non può difendere né le culture dell’Europa né tantomeno le civiltà primitive o arcaiche; e deve, in compenso, esplorare lo spirito pre- e post-storico, andando là dove i lontani futuri incontreranno i lontani passati. (Robert Smithson)

 

La grande Arte è sempre contemporanea. Certamente la dimensione del dialogo si apre ancora più sorprendente e interessante laddove i secoli in qualche modo si sono impossessati di stili, hanno dettato passaggi esperiti dalle condizioni sociali e politiche, dal contesto geografico e dalle dinamiche di religioni e ismi. Tuttavia la caratteristica imperante dell’arte resta quella di un organismo in continua trasformazione, una condizione di dubbio sottoposta a un processo costante e inevitabile, quello del destino entropico, che però in qualche modo l’arte elude e inganna attraverso una germinazione spontanea di sosialismi e moltiplicazioni resi ancora una volta mediante “famiglie di elementi non parenti tra di loro” ed espressi attraverso il possesso di cinque criteri fondamentali che, soprattutto in questo momento di artisti mutanti, sono necessari all’artista contemporaneo: avere una forte conoscenza della storia umanistica e artistica, dimenticare a memoria - ossimoro agnettiano - per non lasciarsi sopraffare dalla storia, avere un’ossessione, saper esprimere tale ossessione attraverso un’opera potente.

Il Museo Città di Cannara, contenitore di reperti archeologici appartenenti a differenti epoche, custodisce capolavori inestimabili con lo stesso talento con il quale Gino Sabatini Odoardi possiede i requisiti del grande artista. Sabatini Odoardi è un autore dalla personalità matura che si è formata negli anni attraverso letture critiche, segni in trasformazione, mutazioni di stili sino ad appropriarsi di un procedimento materico, la termoformatura in polistirene, che lo rende un artista unico nel panorama italiano e internazionale. Le sue opere abitano in un luogo e in quello spazio si esprimono rafforzate da una forte spinta concettuale che le inducono sul bilico tra il sacro e il profano, tra la denuncia delle appropriazioni indebite e lo scompaginamento di un ordine precostituito. Tuttavia la veste formale dell’opera è di tale raffinatezza e palpabile morbidezza che lo spiazzamento è ancora più grande perché non immediato e mai imposto con violenza.

L’opera di Sabatini Odoardi è silenziosa come i suoi “mosconi” - tipici natanti a remi della costa adriatica - a moto rallentato che fluttuano nelle vasche bianchissime posate con cura martellante sul Mosaico delle terme, una delle perle assolute del Museo Città di Cannara. Ciascuna stanza dello splendido edificio museale - figlio di un intervento architettonico incisivo quanto discreto, splendido esempio di convivenza tra impianto di fabbrica ed esibizione delle opere custodite - è stata studiata da Sabatini Odoardi con maniacale scientificità per offrire il massimo stridore a rumore zero e nella rarefazione del colore, il bianco candido, usato dall’artista con necessità morbosa da diversi anni. Una sorta di “Rumore bianco” che per lo scrittore americano De Lillo rappresenta la morte, ovvero “una riflessione sulla paura della morte nella società moderna e sulla sua ossessione per le cure mediche”, per gli scienziati invece si tratta di “un particolare tipo di rumore caratterizzato dall'assenza di periodicità nel tempo e da ampiezza costante su tutto lo spettro di frequenze” e che nell’artista pescarese si colloca nella dimensione dell’ossimoro allo stesso modo in cui la termoformatura è un “congelamento” delle forme ottenute attraverso un innalzamento spasmodico della temperatura cui sono sottoposti gli oggetti per sempre imprigionati sotto quella glassa sinuosa. Il prima e il dopo sono un’andata e ritorno costante in questa mostra che già nel titolo III° ContrOrdine - come anche nel font usato per impaginare l’immagine grafica e nella ricercata imperfezione dell’elemento circolare dopo il numero romano - contiene una volontà di diacronico e sincronico, alto e basso, maschile e femminile, una scacchiera precostituita e squadernante, ma necessariamente esente da forzature o dissacranti grossolanità. In questo luogo umbro tra dolci colline e gialle pianure San Francesco ha svolto la maggior parte della sua missione/attività/vita e la terra contiene i riemersi e i segreti di passaggi rilevanti sia dal punto di vista religioso che politico. La tradizione intrinseca si assembla nella sua interazione con le opere contemporanee in metafora e conoscenza tra lo svelare e lo svelato, tra il serio e il faceto, il vero e il verosimile, tra i giochi pericolosi e gli stemmi sarcastici e fantasiosi creati da Sabatini Odoardi e gli inginocchiatoi ieratici che contengono un imprevisto gamepad playstation, il ciclo provocatorio degli Offertori - offerte per ricchi - che prendono spunto dalla vicina città di Assisi, i mucchi di soldatini, le ossa che formano la planimetria di San Pietro e al posto dell’obelisco compare una nera giostra da fiera di paese, Pinocchio che imbastisce un’interrogazione con Padre Pio, la Cuccia con ciotola (e campanile), Senza titolo + cubo segreto, la Coca Santiera, il “gioco della bottiglia” metafora dell’ineluttabile fatalità del destino cui ogni essere umano è sottoposto, soldatino fantoccio nella battaglia crudele dell’esistenza. Due video sono esplicazione di gesti performativi forti e vissuti: l’uno è interpretato dall’artista che lancia cervelli di maiale su un muro con la crudeltà fredda con cui troppo spesso si obnubilano le menti e l’altro è interpretato da un’attrice che indossa una sorta di tonaca stampata e stracciata. Questa reliquia contemporanea è realmente appesa nella sala come un impiccato spogliato del corpo e i cui resti sono rappresentati da tatuaggi su tessuto ricavati da venti testate di giornali sinistrorsi con articoli editati il giorno del primo insediamento di Romano Prodi al governo, rappresentazione metaforica dell’incontro virtuale tra sinistra religiosa, quella dell’ordine francescano e sinistra politica italiana. E il bicchiere, primo e indicativo tra i simboli da molto tempo impiegato da Sabatini Odoardi come rimando ad una cosa qualsiasi che possa far spostare l’attenzione da una falsa percezione, quella del significato dell’oggetto appunto, al contenuto intrinseco dell’opera. Tutta la produzione artistica di questo straordinario e originale autore visivo è un corpus unico sotto il segno della ricerca, di una soffusa arte relazionale che sottolinea politiche e risvolti sociali, ma sempre sotto la patina brillante dell’opera, di un’arte che contiene il pensiero e chiama la domanda in un cortocircuito costantemente aperto e possibile che le antiche reliquie del Museo Città di Cannara hanno saputo osservare, non senza un brusio eloquente.

 

Milano, maggio 2013

 

* Testo critico pubblicato in occasione della mostra personale "III ContrOrdine", curata da Martina Cavallarin, Museo Archeologico, Cannara (Pg).