GINO SABATINI ODOARDI

Intervista a cura di Jolanda Ferrara

 

Come sta vivendo questo momento?

Con smarrimento consapevole. Non mi sono mai illuso, la specie ha le sue regole ed ignora ogni attitudine morale ed etica. Non c’è preghiera o religione che tenga, un virus non lo puoi rinchiudere allo zoo, livella orizzontalmente qualsiasi differenza sociale. Forse dobbiamo prendere coscienza che la sopravvivenza è l’eccezione, e la lotta per evitare l’estinzione la regola.

 

Anche il virus ha una sua natura estetica?

Certamente, un seduttivo frattale sferico della perequazione. Pur tuttavia, come teorizzò Adorno il compito dell'arte dovrebbe essere quello di introdurre l'oscuro caos nell'ordine. Ma quanti artisti lavorano sul buio dell'incomprensibile?

 

Quali i suoi pensieri?

Penso in grande: ho coscienza piena della mia miseria senza inganno. La verità va rintracciata nelle pieghe della banalità piuttosto che perdersi dietro i massimi sistemi. L'arte deve sperimentare l'indefinito se veramente vuole essere leale con sé stessa. E' dura, è un momento buio e nulla sarà più come prima, ma è anche un momento per ripensarsi, capirsi meglio e ridefinire anche il ruolo dell’arte.

 

Cosa non le piace del sistema dell'arte?

Finiamola con l’elogiare la banalità, la mediocrità ruffiana, retorica e illustrativa eleggendole a valore e a ideologia. C’è grande difficoltà a parlare di arte perché c’è grande difficoltà a vederla. Assistiamo a un flusso di immagini senza immaginario, il kitsch inconscio del consumatore. Roland Barthes sosteneva che in America il sesso era ovunque tranne che nel sesso. Oggi l’arte è ovunque, persino nell’arte: la Patafisica del sottoscala. 

 

Come è (già) cambiata la sua vita?

È cambiata poco per la verità, spesso passavo la giornata in assoluta immobilità, lo studio di un artista è il cervello. Continuo a far cadere l’attenzione su piccoli dettagli, un determinato punto della parete bianca, lo spigolo di una sedia, l’orlo di un bicchiere, un riflesso cromato, una particella di polvere. Cerco di organizzare in qualche modo lo sguardo intorno ad un vuoto. Per il resto leggo molto. 

 

Consigli di lettura, film da vedere?

Sto rileggendo “Il complotto dell’arte” di Jean Baudrillard, un testo capitale, attualissimo, aspro oggi come allora dove si rivendica la nullità, l'insignificanza, il nonsenso di molta arte contemporanea. E' un testo in sintonia con quello che penso. Un film perfetto per il momento è “Blue” di Derek Jarman, un testamento che contempla un unico fotogramma, l’IKB di Yves Klein, il blu profondo che si prende forma nell'immaginazione dello spettatore. E' come la stanza in cui siamo confinati ora, nel film non c'è drammaturgia visiva, devi fantasticare con il tuo immaginario mentre lo schermo è sempre blu. E' un pugno nello stomaco.

 

L'arte uscirà cambiata da questa crisi? 

Sicuramente. L'arte deve tornare ad essere più leale con il mondo perché niente sarà più come prima. Il suo compito è dissestare e non consolare, a rassicurare -senza successo - ci pensa la chiesa. L'arte deve colmare quel fossato tra la realtà e la vita tralasciando la cronaca. L'arte non è nata per rassicurare, non può dare consigli. Deve sperimentare i luoghi bui dell'esistenza.

 

Pescara, 21 marzo 2020

 

* Intervista a cura di Jolanda Ferrara tenutasi a Pescara nel marzo 2020 durante la pandemia Covid 19 e pubblicata sul quotidiano "Il Centro" il giorno 21 marzo 2020 (rubrica #iorestoacasa).